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Sono molte le diversità, anche ineliminabili, che emergono dalla loro corrispondenza. La dinamicità interiore e intellettuale di Pasolini rimarrà sempre distante dal mondo lagunare di Marin, fatto di stasi infinite, mutazioni impercettibili, sfumature di colori, odori e suoni. Ma al di là di tutto questo c’è una sintonia di fondo che è percezione di un’appartenenza, di umanità: “Siamo tanto diversi, – scrive Marin a Pasolini il 24 maggio 1963 – eppure abbiamo in comune delle note, degli accordi fondamentali.
Tu sei stato il primo a capirmi, e io ho capito te con tutta la mia anima”. E non ha importanza che tale comprensione abbia mantenuto al proprio interno zone d’ombra, disagio, parzialità. Marin è convinto che il tempo ci renderà Pasolini “libero della sua morte”, e attraverso una sorta di processo di purificazione gli verrà restituito e verrà restituito al mondo nella sua intera bellezza ormai priva di “scandalo”, libera e liberata da ogni contrasto.
“Verrà il tempo” – annota sul diario il 17 gennaio 1977 – in cui le sue analisi “sulla nostra attuale realtà, verranno giudicate esemplari ed espressione di una grande anima, di un grande spirito”. Ha avuto ragione.
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